Cos’è il prediabete?
Si parla di prediabete quando la glicemia, cioè la concentrazione di glucosio nel sangue, è più alta del normale, ma non abbastanza elevata da indicare la presenza di diabete.
Entrando più nel dettaglio, sono considerati nella norma valori di glicemia a digiuno (o glicemia basale) inferiori a 100 mg/dl; questo parametro si misura attraverso un semplice prelievo di sangue. Livelli di glicemia basale compresi tra 100 e 125 mg/dl configurano una condizione chiamata alterata glicemia a digiuno (impaired fasting glucose, IFG), mentre valori superiori a 125 mg/dl indicano diabete.
Analogamente, valori della glicemia compresi tra 140 e 199 mg/dl dopo 2 ore da un esame chiamato curva da carico di glucosio indicano un’alterazione definita ridotta tolleranza al glucosio (impaired glucose tolerance, IGT); livelli inferiori a 140 mg/dl sono normali, da 200 mg/dl in su indicano la presenza del diabete.
Un ulteriore parametro che indica un’anomalia nel metabolismo del glucosio è l’emoglobina glicata (HbA1c): se compresa tra 5,7% e 6,4% è indicativa di prediabete, per valori superiori si parla di diabete.
Si parla quindi di prediabete (anche se il termine, secondo gli esperti, non è del tutto appropriato) quando è presente una o più di queste condizioni di disglicemia: si tratta quindi di una situazione intermedia che, anche se non deve essere considerata una malattia, va tenuta sotto controllo in quanto aumenta il rischio di sviluppare il diabete mellito di tipo 2 e le patologie cardiovascolari.
Non sempre, però, l’iperglicemia conduce al diabete: alcune stime indicano che in Italia ben il 70% dei soggetti con prediabete svilupperà il diabete entro 10 anni.
Inoltre, va sottolineato che questa condizione è potenzialmente reversibile, cioè i valori della glicemia possono tornare nel range della normalità.
Sia per prevenire il diabete sia per far regredire l’iperglicemia, però, è necessario individuare per tempo il prediabete e agire con interventi appropriati, che riguardano principalmente la modifica degli stili di vita.
Individuare precocemente il prediabete non è facile, dal momento che nella maggior parte dei casi è una condizione asintomatica o si presenta con sintomi poco specifici. L’unico modo per individuarlo con certezza è rilevare un’alterazione dei valori glicemici nel sangue.
Il legame tra prediabete e peso corporeo
Come detto, il prediabete è un importante fattore di rischio per lo sviluppo del diabete, ma non l’unico. Altre condizioni che possono favorire lo sviluppo di prediabete e l’evoluzione verso la patologia diabetica sono:
- il sovrappeso o l’obesità
- la scarsa attività fisica
- la familiarità, cioè avere genitori, fratelli o sorelle con diabete di tipo 2
- l’ipertensione arteriosa, cioè avere la pressione alta (con valori di pressione sanguigna uguali o superiori a 140/90 mmHg), o l’assunzione della terapia con farmaci antipertensivi
- la dislipidemia, con bassi livelli di colesterolo HDL (inferiori a 35 mg/dl) e/o alti livelli di trigliceridi (superiori a 250 mg/dl)
- nella donna, avere avuto il diabete durante la gravidanza (diabete gestazionale) o aver partorito un neonato con peso superiore a 4 chilogrammi
- la sindrome dell’ovaio policistico
- la presenza o una storia di malattie cardiovascolari
- l’appartenenza a un gruppo etnico ad alto rischio (afroamericani, latinoamericani e ispanici, nativi americani, asiatici americani e abitanti delle isole del Pacifico).
Anche l’età è importante: secondo le linee guida, a partire dai 35 anni è consigliabile sottoporsi periodicamente ai test di screening per il prediabete, anche se non si hanno fattori di rischio.
Tra tutte le condizioni indicate, il sovrappeso e l’obesità, che sono caratterizzati dalla presenza nel corpo di una quantità di grasso eccessiva rispetto alla massa magra, sono considerate particolarmente rilevanti, al punto che le linee guida raccomandano lo screening per il prediabete e per il diabete di tipo 2 nelle persone con un indice di massa corporea (BMI, body mass index) uguale o superiore a 25 kg/m2 e almeno uno degli altri fattori di rischio indicati.
Come si calcola il BMI? L’operazione è piuttosto semplice: basta dividere il peso (espresso in kg) per il quadrato dell’altezza (espressa in metri).
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, negli adulti un BMI inferiore a 18,5 kg/m2 indica una condizione di sottopeso, valori compresi tra 18,5 e 24,9 kg/m2 sono considerati normali (condizione di normopeso), tra 25 e 29,9 kg/m2 si parla di sovrappeso e da 30 kg/m2 in poi di obesità.
Bisogna però considerare anche le differenze di genere e di età: le donne e le persone anziane hanno generalmente una quantità di grasso più elevata rispetto agli uomini e ai giovani con lo stesso valore di BMI. Chi poi ha una massa muscolare molto sviluppata avrà un peso corporeo maggiore, quindi un BMI elevato, ma non potrà essere classificato come sovrappeso.
In generale, il BMI è comunque un indicatore affidabile e facile da utilizzare, che può aiutare a capire quale dovrebbe essere il peso ideale per prevenire l’iperglicemia e i suoi effetti negativi.
Anche nei bambini e negli adolescenti, a partire dai 10 anni o comunque dalla pubertà, le linee guida raccomandano lo screening per il prediabete e per il diabete nel caso sia presente una condizione di sovrappeso o di obesità (definita in base alle curve di crescita e ai valori di soglia stabiliti a livello internazionale, che considerano età e sesso) insieme ad altri fattori di rischio.
Va sottolineato che, mentre l’eccesso di peso è una caratteristica diffusa tra le persone con prediabete e diabete di tipo 2, generalmente non è presente nei soggetti con diabete di tipo 1, per i quali, anzi, la perdita di peso improvvisa e senza cause evidenti è uno dei sintomi più comuni della malattia.
Prevenire il prediabete e le sue conseguenze: cosa fare
Adottare e mantenere un corretto stile di vita: è questa la soluzione più efficace per evitare che la glicemia salga troppo e per prevenire l’evoluzione verso il diabete di tipo 2. Diversi studi, infatti, hanno dimostrato che gli interventi sullo stile di vita sono in grado di ridurre del 40-70% il rischio di diabete nelle persone con prediabete e aiutano a prevenire eventuali complicazioni cardiovascolari.
Come detto, l’indice di massa corporea ha un effetto molto significativo sul rischio di iperglicemia, di diabete e di malattie cardiovascolari: per questo motivo è importante evitare di prendere peso, seguire un’alimentazione sana ed equilibrata e praticare un’adeguata attività fisica. Mantenere il peso forma ed essere attivi sono le azioni più efficaci per prevenire prediabete e diabete.
Nelle persone con prediabete le linee guida raccomandano di controllare la glicemia almeno una volta all’anno e di smettere di fumare. Per quanto riguarda invece il controllo del peso, è importante arrivare a perdere il 7% del proprio peso corporeo se si è sovrappeso, mantenendo poi nel tempo il risultato raggiunto.
Ma quali sono le strategie migliori per controllare il peso corporeo? La prima misura da adottare per raggiungere e mantenere il peso ideale ed evitare le conseguenze dell’iperglicemia è scegliere accuratamente cosa mangiare: secondo le indicazioni delle linee guida, chi ha il prediabete dovrebbe seguire una dieta ipocalorica, il più possibile senza grassi, o comunque con un apporto ridotto di questi nutrienti. Più precisamente, dovrebbe essere limitata l’assunzione degli acidi grassi saturi, mentre gli acidi grassi insaturi riducono il rischio di diabete; in particolare, è consigliato consumare regolarmente pesce.
La dieta mediterranea, ricca di verdure, legumi, olio di oliva, frutta e cereali, meglio se integrali, che fornisce all’organismo grandi quantità di fibre vegetali, è indicata per il controllo del peso e per ridurre il rischio di diabete e di malattie cardiovascolari. Altri alimenti associati a una riduzione del rischio di diabete sono le noci, lo yogurt, il caffè e il tè, mentre il consumo di bevande zuccherate e di carne rossa dovrebbe essere limitato il più possibile. Anche una dieta a basso contenuto di carboidrati può essere utile per favorire la perdita di peso.
Intervenire sull’alimentazione è indicato anche nei bambini e negli adolescenti con un alto rischio di diabete di tipo 2, ma evitando la perdita di peso eccessiva e facendo attenzione a mantenere un indice di massa corporea adeguato.
L’attività fisica è altrettanto importante: gli interventi mirati al dimagrimento, infatti, devono essere affiancati da un esercizio fisico svolto con regolarità. Bastano 20-30 minuti al giorno, cioè 150 minuti a settimana di attività fisica a intensità moderata: non è necessario praticare uno sport, è sufficiente, per esempio, una camminata veloce, per migliorare il controllo della glicemia, ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e ridurre il grasso addominale in eccesso anche nei bambini e nei ragazzi.
Reference
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